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- IL PALAZZO ABATELLIS DI PALERMO E L'ARCHITETTO CARNILIVARI

16 novembre 2009

di Claudio Alessandri

Il lungo periodo trascorso per il restauro di Palazzo Abatellis iniziato il 4 febbraio 2008, si è concluso felicemente riportando all’antico splendore l’antica dimora del “portulano del regno” risalente al XV secolo e realizzato su progetto di Matteo Carnilivari affiancato da Nicolò Crisafi.

I lavori di restauro affidati ad esperti dei vari settori costruttivi, hanno ridato al momento il giusto valore mussale senza peraltro alcun intervento che potesse giungere ad alterare l’opera di Carlo Scarpa che negli anni ‘50 aveva provveduto a riordinare l’allestimento dello splendido edificio, intervento che fu risolutivo e provvidenziale; un intervento talmente caratterizzante da divenire ispiratore per tantissimi altri musei in tutto il mondo.

Quello di Carlo Scarpa, come sottolineato dallo scrittore Leonardo Sciascia, divenne un esempio per l’allestimento, distinguendosi da analoghi interventi per intelligenza e discernimento e non, sono sempre parole di Sciascia, operando un deleterio imbellettamento che, come per una anziana signora ben poco giova a  riportarla alla giovanile bellezza, anzi la rende semplicemente ridicola e patetica. Vogliamo tracciare, anche se brevemente, quello che fu il “sogno” di Francesco Abatellis.

Abatellis (originariamente Patella), fu Pretore di Palermo per svariati anni, nonché Maestro Portulano del regno, quando decise di ritirarsi a vita privata, lasciandosi alle spalle un passato militare glorioso.  La sua vita avventurosa gli aveva procurato molta gloria e considerevole ricchezza.

Abbandonate definitivamente le armi, tornò a Palermo accompagnato dalla giovane moglie spagnola, Eleonora Solara, e con un desiderio accarezzato nei numerosi anni del suo peregrinare per l’Europa, durante i quali aveva avuto occasione di ammirare svariate abitazioni nobiliari, dai turriti e possenti castelli, alle case dalle forme armoniose e dotate di stanze grandi ed accoglienti, dai muri ben squadrati e dalle finestre finemente intagliate; il desiderio, quindi, di fare costruire per se un palazzo che si distinguesse dagli altri per importanza e bellezza.

Per realizzare il suo desiderio all’Abatellis occorreva un grande architetto e non gli fu difficile trovarlo, l’arrivo in città del Carnilivari infatti, giungeva opportuno, il maestro non era libero da impegni, ma al momento senza lavoro date le lungaggini incontrate nella preparazione del terreno su cui doveva sorgere il Palazzo Ajutamicristo, da lui progettato. L’Abatellis non perse tempo e prese contatto con Mastro Matteo, con esso si intese subito e presto l’atto di obbligazione fu stipulato, e altrettanto velocemente fu stilato l’atto notarile (16 gennaio 1490) i lavori dovevano iniziare dopo la vicina Pasqua che quell’anno ricorreva l’undici aprile.

L’intera costruzione venne appaltata dal Carnilivari in ragione di 18 tarì la canna (m. 2,25), tale pagamento in parte veniva fatto in natura: grano, olio, vino ed anche buoi e schiavi negri da impegnare nel lavoro. Il Carnilivari si trovò di fronte ad un committente dalle idee molto chiare e dai gusti raffinati che, in alcuni casi, si rifaceva ad esempi di palazzi già edificati; il portale doveva essere come quello del Palazzo del Barone Muxaro ad Agrigento, le finestre ed i sedili presso di esse dovevano essere simili a quelle del Palazzo Sonetti; veniva lasciato, in ogni caso, ampio margine interpretativo all’architetto.

L’Abatellis, nella clausola finale, richiedeva la presenza di dodici maestri agli ordini del suo capomastro, in questo si notava il desiderio dell’Abatellis di portare a termine, nel più breve tempo possibile il palazzo, temendo, non a torto, che il Carnilivari venisse chiamato a rispettare il suo impegno preso precedentemente con l’Ajutamicristo. Da una annotazione marginale del contratto, apprendiamo che in data 16 gennaio 1490 il Carnilivari associò nell’impresa il capomastro delle fabbriche della città Nicolò Grisafi.

La partecipazione alla società del Grisafiè fu esclusivamente di ordine economico. Per quasi otto mesi il Carnilivari si dedicò alacremente alla costruzione del Palazzo Abatellis, fino a quando il suo primo committente, fece valere il suo diritto di priorità nei confronti del Carnilivari che dovette abbandonare la costruzione di Palazzo Abatellis. Il palazzo non era stato completato anche se alcune sue parti erano state portate a termine; (il portale esterno e quello sul cortile, il piano terra con il loggiato interno terragno e la cornice marcapiano).

Francesco Abatellis chiamò nuovi architetti quali Bernardo Fossato e Domenico Romualdi i quali, in data 10 dicembre 1490 si impegnarono a mettere in opera: “Omnes et singulas portas, finestras ad columnas”, il cui intaglio fu affidato al maestro di Majorca Giovanni Casado, la scala scoperta del cortile venne commissionata ad Antonio Amato, fabbricatore di Termini Imerese il 29 febbraio 1492.Finalmente la sontuosa dimora del grande Portulano del regno, fu ultimata con somma gioia dell’Abatellis che, per celebrare l’evento fece murare due lapidi marmoree recanti iscrizioni latine, ai lati del portale d’ingresso, dove ancora oggi si trovano. Il palazzo sembra intagliato nella viva pietra in forma geometricamente chiusa, i piccoli conci di tufo hanno un taglio cristallino, quasi congiunti a secco, il profilo degli aggetti mette in risalto la scelta severa del gotico, mentre le due torri laterali sembrano conferire all’insieme un aspetto di possente e distaccata fierezza.

Il portale si allarga a negare ogni ascensionalismo, l’idea del costruttore era evidente, incentrare l’insieme esterno nel portale, sobriamente ma originalmente concepito. Una corda, rigidamente pietrificata, ma plasticamente viva lega il bastione più esterno, realizzando una robusta cornice che abbraccia anche lo stemma sull’architrave con le armi dell’Abatellis.

Palazzo Abatellis rappresenta certamente una novità stilistica, non legata a precedenti soluzioni indigene, ma piuttosto ispirata da influenze esotiche di chiara matrice aragonese-catalana. La moglie Eleonora,  poté goderne per pochi anni infatti il 21 luglio 1500 morì  senza lasciare prole. L’Abatellis sposò in seconde nozze Maria Tocco, ma anche la seconda unione fu sterile. Fece diversi testamenti ed in uno di essi destinò il suo sontuoso palazzo, alla di lui morte e a quella della consorte, a monastero di monache. La morte lo carpì il 25 gennaio 1508, fu sepolto con grandi onori nella tomba che si era fatto costruire nell’antica chiesa di San Domenico.

Palazzo Abatellis, ancora splendido rimase in usufrutto alla moglie Maria Tocco che si spense il 25 gennaio 1526. Suor Sigismonda Alliata del Monastero di S. Caterina si trasferì, con un gruppetto di altre suore, nel bellissimo Palazzo Abatellis. La nuova destinazione comportò inevitabilmente adattamenti,  l’insieme architettonico però, non venne alterato, e le strutture principali rimasero intatte, pervenute a noi nel loro insieme murario essenziale. 

Molto tempo dopo il palazzo fu destinato a Galleria d’Arte e la Soprintendenza di Palermo eseguì imponenti lavori di ripristino e di restauro portando quasi al primigenio aspetto le strutture costruttive e quelle di esclusivo gusto decorativo, il restauro però, come di già sottolineato non venne condotto con la dovuta perizia. Il successivo intervento di Carlo Scarpa, rimediò, per fortuna alle incongruenze del primo restauro.

articolo del 1611.09 siciliainformazioni

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