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- FAMIGLIA QUADRIO : "TATTILI STRUGGENTI UMORI"

9 agosto 2008

di Claudio Alessandri

Famiglia Quadrio – Via Catania, 8 – Palermo; questa indicazione, diretta, immediata, campeggia sul frontespizio del catalogo edito in occasione della collettiva, ospitata dalla Galleria d’Arte “Studio ‘71”, che ha visto protagonista la famiglia Quadrio; Guido, Lanfranco, Arianna e Vanni.
Il titolo della mostra, “Tattili struggenti umori”, ben sintetizza la produzione artistica di questa famiglia che richiama da un lontanissimo passato, l’atmosfera magica delle “botteghe” rinascimentali; fucine inesauribili di artisti “guidati” da un maestro a disvelare doti naturali, per condurle ad una compiutezza, tecnica e stilistica, indispensabile all’esaltazione di un “carisma” altrimenti destinato ad un crudele e colpevole oblio.
Guido Quadrio ha trasmesso ai figli la passione per l’arte e questi, ribelli alla “bottega”, ma non al richiamo pressante della figurazione, non hanno intrapreso un cammino monocorde, bensì variato nella complessità dell’ispirazione e nel dare ad essa concretezza visiva.

E’ pensiero e stimolo, nell’espressione artistica di Guido, una staccionata, una semplice staccionata di legno che, non nega la visione “al di là”, ma crea un’atmosfera di misterioso sottrarsi ad una diretta percezione di un mondo che dall’idilliaco verde di un prato, suppone misteriose presenze che possono scaturire dall’artista, ma ancor più realisticamente dall’osservazione acuta di una natura prodiga o parca, mai certa portatrice di quiete serena.
Dei mattoni di terracotta “stagnata”, rappresentati in variati disegni, ricordano palazzi dal nobile passato, oggi diruti o addirittura scomparsi, inghiottiti da un destino inesorabile, giudice imparziale di una decadenza inevitabile, frutto di una nobiltà ottusa naturalmente destinata ad un declino inarrestabile.
L’amore che ispira l’animo “dell’artista Guido” da vita ad improbabili, quanto commoventi, amplessi di anonimi cartoni da imballaggio che, liberati dall’immobilità naturale ed amorfa fisicità, trasmettono pulsioni vitali ad oggetti, prima silenti e preclusi all’evidenza, ed ora inesauribili narratori di affascinanti fiabe, di mondi a noi preclusi.

E… Lanfranco la cui astrazione rimanda ad immagini di oggetti o di animali, scorti con interezza da una mente che rifiuta ogni forma di mortificante classificazione. Su uno sfondo dal nero assoluto, si consuma la tragedia di una libellula che sprofonda, ormai vinta, in una morte che non vuole essere banale, ma portatrice di messaggi, di implorazioni ad una umanità che, indifferente, continua a “schiacciare” tutto ciò che non è utilitaristico, asservito al gretto materialismo.
Il mondo di Lanfranco non ha confini spaziali e fantastici, la natura si stilizza in sembianze e colori nell’esaltante procedere verso forme indefinite, ma dai contenuti tangibili in un giuoco fantastico della memoria, commovente, trepida, angosciante… in totale abbandono ad una armonicità che tutto pervade e vivifica.
“Falena”, “ali grandi”, l’esaltazione artistica di Lanfranco lo spinge verso una febbrile ricerca; soluzioni sempre nuove, alla scoperta di un mondo al di là del visibile, del banale rispecchiarsi in immagini “scialbe” che inaridiscono la fantasia, e con essa, ogni ragione al votarsi al felice e creativo mondo della pittura.

I nudi femminili di Vanni non mostrano alcun languido abbandono, nessuna concessione a decadenti immagini dal richiamo erotico, banale e men che mai perverso.
Tutta l’esuberanza di quei corpi, offerti allo sguardo senza ritrosia, emanano pulsioni di una bellezza folgorante, lucida visione di una eleganza formale che, alcune volte, può suggerire soluzioni accademiche; ma nelle opere di Vanni, tutto è confermato e nel contempo smentito da una tecnica che, rifiutando cromatismi assordanti, si basa esclusivamente sul tratto deciso del carbone o della grafite, … sulle ombreggiature che sottolineano rotondità o asperità che, armonicamente, danno vita a figure dal “ridente” apparire, lungi da ogni tendenza alla volgarizzazione di sembianze scaturite “pure” da una natura immune da orgasmi di compiaciuta perversione.
E poi i fiori … i fiori di Vanni, pur ebbri di umori primaverili, suggeriscono un’imminente corruzione; la bellezza non si è cristallizzata nel tratto sapiente dell’artista, nulla potrà sottrarla al naturale decadimento, e questo artificio pittorico non è solo padronanza tecnica, ma anche “filosofica” visione della vita, di una natura prodiga di promesse e di dolorosi disinganni.

Altra concezione artistica è quella di Arianna che, pur condividendo e sapientemente aderendo ai dettami delle tecniche “canoniche”, evidenzia una creatività esuberante; felice di “condurre” al suo bagaglio tecnico e culturale, già evidente e compiutamente godibile, soluzioni innovative asservite al suo sentire pittorico.
Ed ecco figure umane scaturite dal tratto rapido a fissare subitaneamente una positura, una espressione di intensa meditazione, un abbandono sognante; uccelli in volo colti nell’attimo dell’abbandono della levità felice per precipitare folgorati da una morte “incomprensibile”. E poi architetture la cui banalità è “nobilitata” dal tratto sapiente di Arianna che sa cogliere la bellezza e l’eleganza costruttiva riverberata architettonicamente dall’alternarsi di forme definite e da chiari scuri che esaltano forme dai contenuti anonimi.
Quindi ingranaggi che non celebrano una cultura industriale, ma ricordano nell’elegante rappresentazione incisoria, momenti di lavoro febbrile, di dolore e fatica alla spasmodica ricerca di un benessere materiale che ignora la sofferenza umana.
I Quadrio, pur nelle diversità stilistiche, guardano, con occhi limpidi, un mondo pervaso da pulsioni che, colte ed elaborate cerebralmente, assumono difformità realizzativa, ma non tradiscono mai una passione che, nata con loro, li pervade profondamente.
Quegli occhi raccontano disincantati ciò che si pone all’attenzione della loro fervida fantasia, in una ricerca ispirata e mai sognante, di una certezza che, non esclude le crudeli contraddizioni di una natura “devastata”, ma li accetta con la pacatezza di una visione armonica che sa cogliere il “bello assoluto” anche dove albergano dolore e
tristezza.
 claudio alessandri

 
  
Vanni Quadrio   Guido Qudrio

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