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- FRANCESCO MESSINA, L'ARMONIA RACCHIUSA NEL BRONZO

23 luglio 2009

di Claudio Alessandri

 Per chiunque si interessi d’arte il nome di Francesco Messina (Linguaglossa 1900 – Milano 1995) evoca immagini scultoree e pittoriche di struggente bellezza. La mostra pesarese pone in evidenza la produzione pittorica del Maestro, non ponendo comunque in secondo piano le sculture, che si impongono, come la principale esternazione di Messina dei suoi irrinunciabili canoni della bellezza nell’armonia dei corpi che nel suo “magico” plasmare, divengono leggeri, aerei, sfuggendo alla possente consistenza del bronzo.

Nell’osservare le sculture di Francesco Messina si viene sovrastati da mille sensazioni che non perdono, in breve tempo, di intima consistenza, si aggrumano depositandosi, stratificandosi dentro il nostro intimo avvertire le emozioni catturate, dolorose nella gioia del sicuro dipanarsi nella comprensione del bello dei tanti interrogativi generati dalle innumerevoli espressioni dell’arte figurativa e le altrettante diatribe fra i sostenitori dell’una o dell’altra “tendenza”, che poi, a ben vedere, rimangono pure e semplici esercitazioni retoriche che non conducono mai a risultati utili o definitivi.

Nel parlare delle opere scultoree e pittoriche di Francesco Messina, ogni teorizzazione diviene banale scontrandosi con l’evidente senso altamente estetico ed emotivo delle sue realizzazioni.

Le sculture del “grande” artista di Linguaglossa riassumono gli archetipi della Grecia classica, ma la grande, o almeno incidente diversità da questi e contenuta nella originalità esecutiva, estremamente attuale nella vitalità dei vari personaggi, la loro straordinaria attinenza con la realtà, una raffigurazione plastica che fa percepire i sentimenti dai loro volti, i pensieri tristi o di speranza fermati per sempre nel solido bronzo, eppure divenuto, se pur apparentemente, duttile, certamente freddo e consistente al tatto, ma accessibile alla comprensione delle esternazioni psicologiche, simulacri estremamente espressivi a rappresentare i tanti sentimenti insiti nell’essere umano.

Per una comprensione totale della nostra affermazione è sufficiente osservare i volti e le posture dei personaggi, degni di ricordo, plasmati dai grandi Maestri di fine ottocento ed inizio novecento, si osserverà senza difficoltà che la perfezione stilistica, indiscutibile, priva fatalmente quei volti e quelle figure, di ogni espressione vitale e di dinamismo, l’evidente fissità di quelle figure richiama tragicamente pensieri di morte, la vita e sfuggita per sempre e nel bronzo e nel marmo è racchiusa la loro fervida esistenza, ma ogni segno di vita serena è stato cancellato dalla rievocazione dell’effimera gloria, militare, politica o in odore di santità.

Questo nelle opere di Messina non accade, ecco evidenziarsi il suo stile, fedelmente “classico”, ma non inespressivo, nulla di celebrativo se non la bellezza serena e la grande dinamicità dei corpi. Nel fare un esempio che abbraccia tutte le opere di questo grande artista, è sufficiente una visita allo studio museo di Messina, ospitata all’interno dell’ex chiesa di San Sisto, donata alla città di Milano.

Nel grande e luminoso ambiente sono esposti i bronzi, piccoli, medi e grandi realizzati dal Maestro in tanti anni di attività, opere stupende per bellezza e tecnica realizzativa: nudi femminili che evidenziano la giovinezza “catturata” nel momento nel massimo fulgore, ballerine nell’atto di spiccare dei balzi prodigiosi, fluidi, eleganti come i loro corpi che esprimono la gioia di interpretare con le movenze del corpo le note del pentagramma, cavalli ombrosi che si ergono sulle zampe posteriori lanciando nel vento un nitrito di libertà.

Fra tutte queste sculture ci è gradito soffermarci davanti ad un figuretta esile, delicata di una giovinetta sulla soglia dell’esaltazione della sua prorompente femminilità. Sembra indecisa sul da farsi, il suo sguardo è rivolto ad un futuro incerto, probabilmente apportatore di giorni felici, insensato però escludere disillusioni e dolore. Messina ha voluto chiamare questa esile fanciulla con un nome delicato, come il suo aspetto esteriore: Beatrice. Il perché di questa nostra predilezione è contenuta proprio in “Beatrice”, essa riassume in se tutte le caratteristiche delle sculture di Francesco Messina, l’immensa espressività femminile, la naturale eleganza delle fattezze di un corpo giovane, già attraente seppure acerbo, lo sguardo chiaramente distinguibile, puro e trepido di dolce bellezza, tutto ciò totalmente esente da tentazioni manieriste.

Chiediamo venia se ci siamo dilungati nel trattare Francesco Messina scultore, ma l’attrazione per quella forma figurativa è tale da finire per distrarci da qualsiasi altra forma d’arte dovuta a questo artista che non merita certamente la nostra colpevole “noncuranza”, in considerazione che le opere pittoriche di Messina, divergendo inevitabilmente dalle sculture, denotano anch’esse una grande capacità interpretativa che esalta le squillanti evidenze cromatiche insieme alla bellezza dei soggetti muliebri, non completa, ma infonde vita nuova all’esaltazione che rianima mondi prossimi all’allontanarsi dal palpito coinvolgente di un mondo, prossimo all’esaurirsi della fantasia scaturita dall’amore per il bello nella felicità della pace universale.

articolo del 23/7/09 siciliainformazioni

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