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- UGO ATTARDI, L'EREDE SELVAGGIO -

 

Il primo “contatto” con le opere scultoree di Ugo Attardi, eravamo negli anni 68 – 71, avvenne presso una Galleria d’Arte “storica” di Palermo. Si trattava di un grande gruppo scultoreo ligneo dal titolo intuitivo: “L’arrivo di Pizarro”. Ricordo, ancora oggi, oltre all’aspetto creativo, la sensazione di disagio che quell’insieme di figure, di notevoli proporzioni, mi coinvolse in una atmosfera di violenza animalesca, lo stupro materiale e culturale che i “conquistadores” della cattolicissima Spagna, aveva inflitto a dei popoli inermi che credettero, ricordando una loro antica profezia, che quegli uomini dalla pelle bianca e dalle lunghe barbe, provenienti dal mare, altro non fossero che divinità e, come tali, si prostrarono ad ogni loro desiderio.

L’opera di Attardi mi sferrò un pugno nello stomaco perché, non realizzata con ovvio realismo, ma concepita da un insieme di simbolismi che, pur non perdendo di vista le forme, narrava una tragica epopea, nell’idea chiaramente persecutoria di una cristianizzazione salvifica.

Vidi in quell’opera il tranfert emotivo dell’autore verso il riconoscimento di un malvagio inganno, la volontà assoluta dell’eccidio di un intero popolo, allo scopo di impossessarsi di enormi quantità d’oro, che quelle popolazioni ritenute selvagge consideravano, non per il loro valore intrinseco, ma utile a creare capolavori artistici e che il “civilissimo” popolo spagnolo ignorò come opere d’arte e trasformò in ottusi lingotti.

In quella occasione nacque in me il grande desiderio di conoscere Ugo Attardi, non si trattava di stupida curiosità, bensì di conoscere un artista capace di pensare e realizzare qualcosa di nuovo pur rimanendo nell’ambito di un figurativo unico nella concezione e originale nella realizzazione.

Da quel giorno lontano non ho più perduto di vista Ugo Attardi interessandomi a lui, alla sua storia di nato in Liguria da genitori siciliani, e tornato in Sicilia e, quando la politica avversa glielo consentì, a Roma.

Fu in questa città che entrò in contatto con alcuni giovani artisti destinati alle alte vette: Carla Accardi, Renato Guttuso ed altri, promovendo movimenti stilistici e di pensiero.Presto abbandonò la giovanile esperienza “Informale” per ricongiungersi con un realismo dai colori violenti, ma non invadenti, mi interessai ad Attardi disegnatore, incisore e scrittore, memorabile il libro dal titolo:” L’erede selvaggio”, libro che fu finalista del “Premio Strega”, e nel 1971 vinse il “Premio Viareggio”.

Un racconto e un ricordo degli anni creativi vissuti in Sicilia che, molto probabilmente formarono la base del suo esprimersi nell’arte e nella vita. Non mancò un momento per me esaltante quando ebbi occasione di incontrarmi con Attardi in occasione del “Premio Fimis”, premio che gli venne conferito per la sua variegata attività artistica.

In quella occasione potei scambiare qualche impressione sulla sua arte e quella in generale, non era una figura banale, alto, magro e sul volto una barba che gli conferiva un’aria fra lo ieratico e l’infernale, strano a dirsi, ma bisognava vederlo per rendersi conto di quell’aspetto misterioso.

Realizzò anche un grande panello bronzeo, in basso rilievo, dal titolo “I sogni del re normanno”, opera chiaramente dedicatoria ad un periodo splendido per cultura universale nella Sicilia dei grandi re. L’opera venne donata al nuovo aeroporto Falcone – Borsellino di Palermo. fu collocata all’esterno del complesso aereo portuale, in posizione tale da rimanere nascosto alla maggior parte dei passeggeri, durante lavori di restauro, venne nascosto da una staccionata lignea e, quando finalmente tornò alla luce, nessuno provvide a liberarlo dalla polvere dei lavori, da poco ultimati.

Non esistono parole sufficienti a commentare un simile atteggiamento che, nessuna ragione pratica può giustificare e ci suggerisce amare e sconsolate conclusioni, senza volere giudicare le altre sculture e pitture che ornano gli ambienti dell’aeroporto, giungiamo alla conclusione, purtroppo amara, che trascurare un’opera di quella importanza da l’idea dell’insipienza culturale dei responsabili, sia dell’aeroporto che dei nostri responsabili preposti alle opere d’arte.

Palermo, 27.10.2011

                             Claudio Alessandri

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