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- STEFANO LO CICERO E L'ARMONIA NEL CAOS PALERMO, APRE LA MOSTRA DELL'ARTISTA -

14 aprile 2009

di Claudio Alessandri

Tracciare il percorso artistico di Stefano Lo Cicero è estremamente complesso, non certamente per la comprensione delle sue opere, evidenti nella lettura ancorché non banali, ma per il lungo “cammino” dedicato con onestà e coerenza offerta al mondo periglioso dell’arte.

Un lungo cammino, dicevamo, iniziato nel 1954 e mai interrotto, vuoi per stanchezza, cocenti delusioni o ostacoli in apparenza invalicabili, forse ad incutere in noi una sorta di indecisione timorosa, interviene la paura di ritrovarci, al termine del racconto prigionieri di un turbine di incertezze, interrogativi dolorosi nel non avere compreso compiutamente questo artista, non tanto nelle opere, quanto nelle più segrete pulsioni che lo hanno guidato nel realizzare le sue “esternazioni artistiche” in un divenire misterioso, fantastico nella varietà dei soggetti, dalla pittura figurativa alla scultura; marmo, legno, polvere di marmo e resine, tutte plasmate in un “tutto tondo” che non mostra mai le terga, per l’artista intervallo molesto di una continuità che è racconto, è desiderio di completezza, senza “attimi silenziosi”, inespressivi

Stefano Lo Cicero unisce alle sue già molteplici qualità quella della poesia, la produzione in questo specifico letterario è per Stefano una conseguenza, la parte incorporea, ma avvertita con violenza nelle profondità più segrete dell’essere, la più nobile, quel qualcosa che si insinua nel proprio pensiero incitandolo a creare, a esternare l’unica verità della vita, il “canto dell’anima”.

Quel canto non può essere racchiuso in un blocco di pur nobile marmo, limitato da un supporto o da una cornice, la poesia deve godere di spazi immensi, propagarsi trasportata da vento gentile a donare palpiti di intensa emozione, sentimenti amorosi, dolori lancinanti o il “semplice” godere della corolla di un fiore che ha rivelato da poco il segreto contenuto all’interno del suo calice odoroso, oppure un paesaggio montano o marino “fulminato” dal sole di Sicilia, forse è questo il motivo per cui Lo Cicero ha vergato molti dei suoi componimenti nella “lingua siciliana”, un idioma musicale completamento indispensabile al verso gentile per una donna amata o colmo di tristezza per un mondo che scompare sotto gli insulti di una umanità pervasa da follia, da un richiamo irresistibile che conduce al dolore più grande o alla totale sublimazione del vivere, al profetico Olocausto.

E’ lo stesso artista che interviene in nostro ausilio, ci suggerisce una valida soluzione alle nostre titubanze; le sue recenti creazioni sono un compendio di tutto il suo mondo espressivo, figurazione, scultura e, insieme poesia, non scritta, non declamata, ma emanata dalle opere realizzate in tanti anni creativi.

Non è una poesia rimata, chiara e comprensibile alla prima rapida “lettura”, è necessario penetrare il senso insito in quelle opere, in definitiva nel più intimo sentire di Lo Cicero per godere delle stesse vibrazioni, pulsioni non teorizzabili che, adesso si’, divengono sentimento, quell’attimo di intensa, inconscia osmosi che da vita ad una fantastica commistione di sentimenti sconvolgenti, eppure godibili nella comune comprensione di quel qualcosa che ci permette di scorgere il bagliore di un mondo parallelo, forse la meta agognata, tante volte promessa, intravista, ma mai conquistata.

Le ultime realizzazioni di Lo Cicero giungono,forse, a chetare una domanda per troppo tempo sospesa su di un baratro di incertezza.

Queste realizzazioni consentono di comprendere il desiderio incontenibile di sperimentazione, un pregio impagabile per un artista che rifugge la cristallizzazione, un immobilismo che vieta all’autore di progredire nella figurazione al di fuori dei tradizionali canoni della pittura e della scultura.

Stefano Lo Cicero dispone sul supporto di un’amalgama di polvere di marmo e resina ottenendo una superficie anonima sulla quale l’artista interviene incidendo, plasmando forme umane, vegetali o altro, ottenendo in fine una scultura a basso rilievo di colore neutro sul quale interviene con vari pigmenti, ne scaturiscono sapienti campiture di vario cromatismo, raggiunge in tal modo un insieme di risultati che, in definitiva, prendono forma scultorea non disgiunta da quella pittorica.
Il colore non è deposto a caso, l’artista lo dispone in trasparenze più o meno intense dando forma e profondità in tal modo a parvenze umane, oggetti o volute eleganti a rendere maggiormente piacevole l’insieme. Questo giuoco voluto dal contrasto luce ombra da vita a molteplici chiaro-scuri raggiungendo un effetto ottico stupefacente, figure o cose sembrano sottrarsi all’insieme solido che le imprigiona raggiungendo la superficie con un movimento solamente visivo che suggerisce libertà felice, ed ecco, in fine, comparire l’opera completa, così come la ha immaginata, pensata e realizzata Lo Cicero, dando concretezza al suo pensiero creativo, l’opera finita rappresenta un “unicum” tra scultura, pittura, ma innanzi tutto poesia

articolo del 14/4/09 siciliainformazioni

- STEFANO LO CICERO  E L'ARMONIA NEL CAOS  PALERMO, APRE LA  MOSTRA  DELL'ARTISTA   -