Dal 28 novembre 2012 al 22 marzo 2013, lo studio Giangaleazzo Visconti di Milano ospita una mostra personale di Alighiero Boetti, uno dei maestri più importanti del Novecento.
 
Tale esposizione presenta 36 opere realizzate negli ultimi trent’anni della sua attività, nei quali il tratto, il disegno e il colore sono diventati la materia essenziale della sua ricerca. L’artista spazia dai disegni ai ricami, dai collage alle matite su carte. I ricami di Boetti sono stati la fonte del suo maggiore successo, diffuso a livello mondiale e costituiscono il sigillo e la forma di questo geniale artista. I suoi lavori erano effettivamente dei veri e propri ricami, dei kilim come se ne lavorano in alcuni Paesi Medio Orientali, in modo particolare in Afghanistan e in Pakistan. Le richieste delle opere del Maestro diventarono talmente numerose da rendere impossibile l’intervento diretto di Boetti. Si diceva che il maestro, una volta composti i disegni grafici e cromatici, li inviava a dei bambini, istruiti in quel particolare tipo di ricamo, che riproducevano il tutto tenendo a base i disegni del maestro. Probabilmente questa notizia era solamente una “leggenda metropolitana” che, in ogni caso ha turbato e non poco l’animo di questo artista, non abituato a maldicenze tanto subdole da influire negativamente su un animo particolarmente sensibile.

La maggior parte della mostra è rappresentato dagli arazzi degli anni Ottanta, che Boetti faceva realizzare in Afghanistan, ricchi di colori e frasi che sceglieva personalmente, per poi farle ricamare. “Scrivere con la sinistra – era solito affermare – e disegnare. Le mie scritture sono tutte fatte con la sinistra, una mano che non sa scrivere, mostrano quindi anche una punta di sofferenza fisica, ma scrivere è un gran piacere. Ci sono parole che uccidono, parole che fanno un male tremendo, parole come sassi, parole leggerissime, parole reali come in numeri, se vuoi veramente qualcosa mettilo per iscritto”.
 
 
Alighiero Boetti nasce nel 1940 a Torino dove esordisce nell’ambito dell’Arte Povera a gennaio nel 1967. Fra il 1963 e il 1965 sperimenta con materiali quali il gesso, la masonite, plexiglas e congegni luminosi. Le sue prime opere sono disegni su carta a china di oggetti industriali per la registrazione come microfoni, cineprese o macchine fotografiche (saranno esposti per la prima volta soltanto nell’81 a Parigi); incisioni e monotipi, tutti realizzati nell’appartamento-studio di via Principe Amedeo, a Torino.
 
Realizza opere utilizzando materiali come metallo, vetro, legno e cemento. Si susseguono a ritmo serrato le mostre personali e collettive a Milano, Roma, Bologna e Torino. Si trasferisce a Roma nel 1972, città in cui scopre il piacere della luce e dei colori lontani dall’austerità torinese. Artista concettuale, versatile, e caleidoscopico, produce una grande varietà di tipologie di opere e che per alcune delega l’esecuzione manuale ad altri, ma sempre secondo regole del giuoco ben precise e principi come quello della necessità e del caso per citare Jacques Monod premio Nobel per la Fisica 1971. Alighiero Boetti, autodidatta, dopo aver abbandonato gli studi di Economia, si interessa alla cultura orientale e a diverse discipline, quali la filosofia e l’alchimia. Inizia a firmarsi “Alighiero e Boetti”, compiendo così la quadratura del suo nome e cognome, che diventa di 16 lettere, e contemporaneamente il suo sdoppiamento simbolico fra sfera privata, il nome e sfera pubblica, il cognome. Fra il 1973 e il 1974 le opere di Boetti proliferano in crescendo espandendosi sia per delega di mani, e teste altrui, sia attraverso una personale realizzazione come egli stesso dichiara in una intervista fatta al giornale il Messaggero:… “che questo lavoro venga fatto da me, da te, da Picasso o da Ingres, non importa. E’ il livellamento della qualità che mi interessa.” Sempre nello stesso periodo hanno luogo le due prime personali a New York, nelle gallerie Weber e Sperone. Al MOMA partecipa all’esposizione “Eight Contemporary Artist”.
 
Negli anni Novanta realizza una serie di arazzi di grandi formati, realizza Passepartout, un grande mosaico pensato appositamente per la galleria francese di Lucio Amelio. L’opera consiste in un pentagono all’interno del quale, su ogni lato, sono stagliati in negativo cinque tipologie di archi appartenenti a periodi e culture diverse. Arco romantico, arco gotico, arco a tutto sesto, arco islamico e arco bizantino a ferro di cavallo.
 
Per la Biennale di Venezia realizza il grande Fregio vincendo il premio speciale della giuria. Nel 1993 l’ultima opera considerata di commiato, un autoritratto in bronzo nell’atto di raffreddarsi innaffiandosi la testa. Infatti il 24 aprile del 1994 Boetti si spegne nella sua abitazione di Roma.

La mostra sarà visitabile fino al 22.03.2013 presso Studio Giangaleazzo Visconti – corso Manforte, 23 Milano.

 
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